L’INCOMPIUTEZZA.…
Al contrario i coniugi Wheeler protagonisti di Revolutionary Road scoprono a un certo punto della loro vita di essere degli incompiuti. Non hanno creduto alla valorizzazione del loro talento più autentico che tuttavia continua a permanere nel fondo della coscienza rivendicando la sua esistenza. Il soffocamento delle proprie legittime ambizioni non può essere sepolto insoddisfatto nelle pieghe dell’inconscio troppo a lungo pena il suo trasformarsi in nevrosi.
I coniugi Wheeler sono diventati esattamente quello che non volevano essere: il marito voleva assolutamente evitare di intraprendere la carriera di impiegato aziendale intrapresa dal padre e la moglie sognava una vita meno prosaica di quella della casalinga. Entrambi hanno ignorato il loro miglior talento che si esprime in ambizione di auto-realizzazione e sono rimasti degli incompiuti.
Qualche occasionale tradimento dettato dalla disperazione non serve a conferire un residuo di vitalità alla coppia, ma solo a ribadirne vuoto pneumatico nichilista che la caratterizza.
A questo punto della vicenda scatta il classico meccanismo psicologico in base al quale si desidera fortemente un cambiamento diretta a una svolta rivitalizzante senza tuttavia avere chiaro verso quale fine dirigere la svolta stessa. A differenza di quanto accaduto a Francis e Zelda Scott Fitzgerald i coniugi Wheeler vogliono fuggire da qualcosa, ma senza sapere verso dove dirigersi: il loro è un fuggire da molto più che un andare verso. Da qui il loro velleitarismo che li porta all’elaborazione di un obiettivo ideale che possa fungere da richiamo, ma che tuttavia ha il solo compito di vicariare o sostituire il vero obiettivo che resta inespresso. Il signor e la signora Wheeler e relativa prole decidono pertanto di dare la svolta nel modo che a loro sembra più facile ossia programmando un velleitario trasferimento a Parigi che fin dalle prime fasi appare a tutti tranne che a loro del tutto irrealistico.
E’ evidente infatti che cercare di dare una svolta semplicemente dislocandosi altrove è solo un inganno che ha solo l’apparenza del cambiamento esistenziale, ma non la sostanza: infatti non è con un semplice cambiamento di residenza geografica che i coniugi Wheeler possono liberarsi dei loro fardelli esistenziali e della loro incompiutezza che li seguirà ovunque essi decidano di vivere.
Ma qualcosa si risveglia alle soglie della consapevolezza: Frank e April a un certo punto sembrano divenire consapevoli del fatto che stanno ingannando se stessi. Scatta allora un secondo meccanismo psicologico: quello dell’ auto-boicottaggio. In primo luogo Frank ottiene una promozione lavorativa prima debolmente respinta poi accettata forse con l’intento di creare un buon pretesto che ostacoli il trasferimento. In secondo luogo
la signora Wheeler resta incinta e pertanto il progettato trasferimento a Parigi vacilla ulteriormente a causa degli inevitabili problemi logistici ed economici che la nascita di un neonato comporta.
Registriamo a questo punto del film (e del romanzo) un colpo di scena geniale: entra in scena un personaggio tipicamente pirandelliano cioè un uomo con gravi turbe mentali figlio di una coppia di coniugi più anziani che, come tutti coloro che hanno delle turbe psichiche, gode del raro privilegio di potersi permettere di dire la verità in faccia alle persone senza temere di essere malmenato o denunciato. Egli dunque in un accesso furioso dice senza filtri ai coniugi Wheeler la verità: nonostante le apparenze contrarie che sembrano piuttosto indicare un “incidente di percorso” John e April Wheeler hanno deliberatamente per quanto inconsciamente deciso di avere un altro figlio per auto-boicottare il trasferimento avendo intuito che non poteva essere una semplice nuova realtà esterna a guarirli dal loro disagio intimo. Insomma il nascituro è un alibi utile a mascherare la loro codardia e ad offrire un pretesto auto boicottante.
Beninteso: un cambiamento territoriale va benissimo ed è salutare se la natura del problema risale a motivi accidentali ossia legati fattori quali il clima, i ritmi di vita troppo intensi, il desiderio di un maggior contatto con la natura, ma evidentemente non serve a nulla se il disagio ha a che fare con irrisolti fattori intrinseci quali appunto quelli dei coniugi Wheeler.
Insomma è un problema di cognizione molto più che di contesto: qualsiasi realtà esterna apparirò insoddisfacente se non cambia il proprio modo di percepire.
Ma c’è un’ altra ipotesi da considerare: i Wheeler si auto-boicottano non perché prendano coscienza della velleità delle loro ambizioni, ma perché la paura del cambiamento supera quella del mantenimento dello status quo. Insomma la paura di passare dalla padella alla brace produce l’immobilismo e quindi narcotizza ogni tentativo di evoluzione.
In ogni caso la vicenda della coppia, a cui abbiamo finito inaspettatamente per affezionarci, si conclude tragicamente: forse consapevole che un altro figlio ostacolerebbe l’agognato trasferimento per quanto velleitario o rischioso o per punire inconsciamente John di averle altrettanto inconsciamente impedito di realizzare un sogno ingravidandola April, che già in precedenza aveva manifestato l’intenzione di rinunciare al bambino, decide di abortire da sola in casa e all’insaputa del marito.
Ricoverata in ospedale a causa della grave emorragia che ne consegue April muore. Rimasto solo con i figli Frank Wheeler lascia la casa coniugale e si trasferisce a New York interamente dedito, o meglio interamente adattato, a quella carriera impiegatizia che già era stata di suo padre e che intimamente detesta consegnandosi così a una forse definitiva incompiutezza.
Bello questo accostamento tra questi due autori… post interessante
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