saggi

L’ANTIVANGELO. Radici filosofiche del nichilismo moderno.

L'antivangelo. Radici filosofiche del nichilismo moderno.

Per i più – lontani nel tempo e nello spazio dagli studi superiori e magari sprovvisti di una formazione umanistica vera e propria – i temi filosofici rimangono ostici ed epidermicamente noiosi, riducendosi a nomi di autori, forse fugacemente incontrati a scuola o sentiti menzionare in una trasmissione televisiva più o meno culturale. E poi, diciamocelo, spesso e volentieri filosofi e scrittori sono citati a casaccio, in contesti “semicolti” in cui il cognome altisonante serve a dare maggior peso ad un concetto nel migliore dei casi banale, e nel peggiore fregnaccia.

I social non hanno aiutato, da questo punto di vista, il desiderio di colmare autenticamente e con metodo una lacuna intellettuale che ci accorgiamo di avere: al limite si compie una veloce “googlata” per chiarire chi è il Carneade di turno, e la conoscenza street-food da consumare in cinque minuti è già conclusa.

E’ quindi con grande piacere che, per la seconda volta – dopo il bellissimo Il declino del sacro. Rumore sociale, mass media e nichilismo del 2017 -, annuncio che, per i tipi delle nostre Edizioni, Marco Sambruna pubblica un saggio che è il “prequel” di quel best-seller, poiché disvela al lettore con una prosa agevole ma elegante tutte le più recondite, e spaventose, pieghe anticristiche del pensiero filosofico mainstream degli ultimi 150 anni.

Prenotatelo scrivendo a edizioniradiospada@gmail.com!

Da Feuerbach a Freud, da Nietzsche a Marx (dopo che il pensiero esistenzialista era già stato sviscerato nel Declino del sacro), i guru del pensiero contemporaneo, i totem della dissoluzione anti-evangelica sono impietosamente mostrati nella loro nuda, e cruda, realtà.

L’antivangelo. Radici filosofiche del nichilismo moderno è quindi un saggio fondamentale per chiunque voglia capire davvero da che cosa scaturiscono le aberrazioni odierne del pensiero “dominante”, dove è nata la “vergogna” dei cattolici “adulti” per qualunque cosa possa offendere gli esponenti di tale pensiero, da dove origina l’insopportabile e ingiustificato complesso di inferiorità che ha condotto, tra le altre cose, il clero cattolico odierno a perdere completamente il sapore, divenendo un sale inutile.

Marco Sambruna vi accompagna a scoprire i mostri che la mente umana ha partorito nel sonno della distanza da Dio. E a sconfiggerli.

>>> Il volume sarà a breve disponibile in tutte le librerie fisiche e virtuali, e sul nostro e-commercewww.edizioniradiospada.com <<<

 

 

 

 

Il DECLINO DEL SACRO. Rumore sociale, mass media e nichilismo.
Editore: Edizioni Radio Spada
Anno: 2017
Pagine: 210

PRESENTAZIONE a cura dell’editore:

La formazione dell’Autore in campo filosofico e psicologico è la base per un percorso concettuale e geografico affascinante e terribile, in cui il fenomeno del modernismo ecclesiale e sociale viene impietosamente sezionato alla luce delle categorie della filosofia contemporanea nichilista e della comunicazione pubblicitaria propria della società dei consumi. Uno strumento fondamentale per capire la crisi odierna e gli stilemi della “chiesa 2.0”.

«Mentre nella religione tradizionale l’ethos svolgeva un ruolo di primaria importanza, il principio di autorità nella nuova religione è stato totalmente abolito. Si interrompe la catena verticale della trasmissione del sapere, sostituita da una configurazione frattale in cui ogni informazione si duplica orizzontalmente quasi infinitamente per germinazione automatica. La migrazione dall’ethos religioso a quello consumistico e a quello laicista ha il suo momento di maggior evidenza proprio nello sbiadire della figura che incarna l’autorità nella trasmissione del sapere.

Si transita così dai fondatori delle grandi religioni monoteiste e dai soloni della storia della filosofia, agli opinion maker e influencer santificati dai mass media, ai cosiddetti guru che ideano un segmento del prodotto e lo pongono a disposizione del pubblico perché un altro innovatore idei il segmento successivo. È un processo di parcellizzazione del sapere che risponde al criterio della co–costruzione, ma se all’inizio del processo di democratizzazione e laicizzazione del sapere fondatori e opinion maker godevano ancora di un’aura che li rivestiva di autorevolezza riverenziale, oggi i guru suscitano l’entusiasmo della comunità che li considera “uno di loro”. […]

Sulla scorta dei successi e della diffusione a espansione geometrica del nuovo credo laicista, anche la religione tradizionale, rappresentata in occidente dalla Chiesa cattolica, ha pensato bene di rinnovarsi ricorrendo allo stesso paradigma. Significativo in questo senso il modo in cui è stato gestito il sinodo sulla famiglia straordinario svoltosi nell’ottobre 2014. […] risulta quindi chiaro che in materia di morale sessuale la chiesa desidera ricorrere al modello partecipativo, o meglio social, del web 2.0 in cui sono i fedeli stessi a concorrere alla formulazione del dogma rinunciando al tradizionale – e bimillenario – principio di autorità in materia di dottrina.

[…] Quanto al “credere” con tutta probabilità pochi sono persuasi, ad esempio, della divinità di Cristo o della Sua Resurrezione; quanto al praticare ancora meno sono quelli che frequentano la messa e quindi accedono ai sacramenti e, infine, è molto facile che siano una sparuta minoranza quelli che vivono la dottrina morale della Chiesa sulla sessualità. In pratica il Sinodo ha deciso di far dipendere la morale sessuale della Chiesa e il destino della famiglia tradizionale dal parere di persone che per la maggior parte sono cattolici solo nominalmente e di fatto ampiamente secolarizzati quanto al pensiero e allo stile di vita.

Questo esempio di democratizzazione all’interno della Chiesa cattolica nella formulazione di dogmi la cui dottrina per secoli è stata pertinenza esclusiva di teologi assolutamente ortodossi, dimostra come ormai alcune dinamiche della nuova religione laicista abbiano fatto breccia nella religione tradizionale. D’altra parte non poteva che essere così: la diffusione fondamentalista, integralista, anti pluralista e totalitaria della nuova religione perché potesse avere successo esigeva l’eliminazione dei residui della vecchia religione al tramonto e la “conversione” dei suoi, sempre più sparuti, seguaci.» (Marco Sambruna)

Qui per l’acquisto e altre info.

Qui sito dedicato all’opera.

I preti operai in Italia
Editore: Intermedia
Anno: 2014
Pagine: 389

Esiste un periodo della storia della Chiesa di fondamentale importanza: quello che segue il Concilio Vaticano II. Un periodo ricco di fermenti in cui il modello tradizionale di Chiesa e sacerdozio è riconsiderato, discusso, criticato in modo radicale.
La Chiesa postconciliare si interroga riguarda l’opportunità di un cambiamento di prospettiva nella visione del mondo, dell’uomo, della trascendenza: si può credere ancora dopo la rivoluzione industriale come si credeva in epoche precedenti ? Ha ancora senso un sacerdote che si limiti a celebrare la messa e amministrare i sacramenti ? E’ ancora possibile separare la storia profana da quella sacra e contrapporre la Chiesa al mondo ? Il tradizionale modo di essere sacerdote o fedeli è ancora adeguato alle mutate circostanze storiche della modernità ?
Per rispondere a questi interrogativi sorge così l’area del “cattolicesimo del dissenso” contemporaneo che propone in libera discussione un modello di Chiesa aggiornato, più dialogante con la modernità e con le richieste che giungono dai fedeli, meno ancorato a una consuetudine secolare riguardo la liturgia, l’ecumenismo, il dialogo sia interconfessionale che interreligioso, il ruolo del sacerdote e quello dei credenti nella società secolarizzata.
Si organizzano così gruppi del dissenso progressista quali i cristiani per il socialismo, le comunità di base, la scuola di Bologna fondata da Giuseppe Dossetti e movimenti quali Noi siamo chiesa e Pax Christi.
Ma soprattutto nasce l’aggregato dei preti operai, cioè il gruppo che dal punto di vista intellettuale ha prodotto gli stimoli più importanti prefigurando non solo un nuovo modello di chiesa e di sacerdozio, ma anche un nuovo modello di fedele.
Il sacerdote deve acquistare una maggior sensibilità riguardo il tema del lavoro manuale e proporsi in maniera più credibile al mondo operaio colmando quel solco di diffidenza e sospetto che ha sempre separato Chiesa e operai. Occorre ricomporre il dissidio, portare Cristo in fabbrica, tentare una difficile sintesi fra dottrina cristiana e marxismo.
In vista di questo obiettivo gruppi di preti diventano operai e vanno a lavorare in fabbrica per evangelizzarle, sollecitano la Chiesa ad appoggiare con maggior decisione le rivendicazioni dei più sfruttati, vogliono che l’episcopato sia consapevole dei limiti del capitalismo industriale, cercano l’accordo con le forze di sinistra, pongono in discussione il modello democristiano e, soprattutto, si impegnano perché i fedeli laici facciano a meno del prete e maturino la capacità di evangelizzare in modo autonomo i luoghi di lavoro.
In tutto questo quale ruolo è ancora riservato al sacerdote ? E’ forse giunto il momento in cui il prete non solo non è più necessario, ma è addirittura nocivo ? Siamo forse giunti a una nuova fase della storia del cristianesimo in cui è necessario la figura del prete scompaia per consentire l’emersione di una nuova chiesa e di un laicato credente sempre più consapevole della sua appartenenza cristiana.
Il libro di Marco Sambruna ci parla di tutto questo: di un momento decisivo e delicatissimo della storia della Chiesa dove il processo di cambiamento assume i tratti del dramma. Un dramma attualissimo e denso di incertezze, dubbi e interrogativi che, lungi dall’essersi esauriti, trovano nuovo vigore nel pontificato di Francesco.

Recensione in “Il Regno” attualità, n°4 2015:
http://www.dehoniane.it/control/ilregno/articoloRegno?idArticolo=988869
Altre recensioni:
http://www.retesei.com/2015/61425.html
http://www.futuroquotidiano.com/preti-operai-addio-fine-di-una-storia-del-dissenso-cattolico/http://www.dongiorgio.it/19/07/2015/marco-sambruna-i-preti-operai-in-italia/

DON ENNIO INNOCENTI
FATIMA ROMA MOSCA

edito fuori commercio da Sacra Fraternitas Aurigarum
con un capitolo di Marco Sambruna

Intervento del dottor Pietro Giubilo.  Mi perdonerete se apro questo mio intervento con una breve digressione rispetto agli specifici contenuti del libro in esame, ma essa potrà contribuire all’inquadramento politico e culturale del tema trattato, secondo il mio punto di vista.

Nel riflettere in questi giorni sulle stimolanti indicazioni di questa opera di don Ennio, giunta alla decima edizione, mi sono imbattuto in un articolo a firma di Luigi Ippolito, pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 8 febbraio dal titolo eloquente: “Morire per Kiev ?”, dove il punto interrogativo è solo un finto dubbio sulle reali intenzioni belliche che agiscono intorno alla vicenda ucraina.

L’incipit dell’articolo è chiaro: “In Ucraina ne va dell’Europa stessa” e spiega : essa “è la faglia sismica dove cozzano le placche tettoniche della civiltà europea e di quella russo asiatica”.

Io, personalmente , resto dell’idea – peraltro contenuta nella Enciclopedia Cattolica – che, cito, “la Russia quasi fin dai primi momenti in cui esce dalle nebulosità della preistoria, si presenta … come estremo baluardo dell’Europa , contro le orde nomadi dell’Asia”, anche se, viene aggiunto “organismo antagonistico delle formazioni statali europee che confinavano con essa ad Occidente”.

Oggi, invece, siamo, addirittura, ad una spicciativa teorizzazione dello scontro di civiltà, con il solo ed evidente scopo di giustificare la politica occidentalista, ispirata da Washington e Londra e finalizzata a dimensionare la Russia a scala regionale per schiacciare l’Europa dell’Ovest sul versante euro atlantico, allontanando lo spettro di una integrazione economica con Mosca, al fine di aggregare l’Europa dell’euro a quel trattato transatlantico, che costituisce la carta economico politica del declinante unilateralismo americano.

Per comprendere l’attuale ottusa politica americana c’è da rilevare che lo stesso Kissinger – che, a dir poco, non è mai stato un pacifista – ha, recentemente, criticato il progetto di integrare Kiev nella Nato, definendola invece un “ponte” tra Oriente e Occidente.

La strumentale ricostruzione storica del giornalista arriva al ridicolo quando dice, a conforto delle sue elucubrazioni guerrafondaie, che “è all’interno dell’Ucraina che passa la frattura fra Oriente ed Occidente, fra Cattolicesimo e Ortodossia, fra democrazia e dispotismo”.

L’obbiettivo di questa analisi è quello di giustificare l’adesione alla NATO, come certezza di sviluppo democratico: “Un Paese integrato nelle strutture occidentali – si legge – troverebbe la garanzia di uno sviluppo pacifico e democratico” ed, in secondo luogo, la possibilità di “cambio di regime“: “Il successo della democrazia a Kiev metterebbe in questione l’autocrazia a Mosca”.

Mentre leggevo queste argomentazioni mi ritornava in mente quell’ammirevole saggio di Augusto del Noce (“La morte del sacro”), pubblicato sull’Europa nel settembre del 1970 e riedito nella raccolta curata da Francesco Mercadante per l’editore Giuffrè nel 1993.

Partendo da una riflessione sul mito di “Mosca terza Roma” , così scriveva il professor Del Noce: “Siamo davanti al massimo dei paradossi della storia presente: mentre l’ateismo ufficiale russo ‘custodisce’ un mito espressamente sacrale che non può, quali che siano le intenzioni dei governanti, non portare le tracce delle sue origini e non esercitare un’azione che sia loro conforme, l’Occidente, ufficialmente almeno, non ateo, non sa contrapporglisi che nella forma di democrazia ‘vuota del sacro’ “. Aggiungendo poi, a proposito delle “ragioni del rifiorire … della religiosità in Russia” come “la Chiesa ortodossa sia stata la meno (o per nulla affatto ) incrinata dal nuovo modernismo; che teologia della secolarizzazione e della morte di Dio non vi abbiano avuto eco; che le facoltà di teologia russe siano le più tradizionali”. E su questo mi piacerebbe ascoltare qualche parola di conferma da parte di don Ennio.

Del Noce faceva derivare la “scomparsa del sacro” in Occidente, anche da quella che definiva l’ “americanizzazione” dell’Europa, già denunciata da Simon Weil, della quale il filosofo riportava una frase nota: “Noi sappiamo benissimo che dopo la guerra l’americanizzazione dell’Europa è un pericolo molto grave, e noi sappiamo benissimo quel che perderemmo se avvenisse. Ora, quel che perderemmo, è la parte di noi stessi che è prossima all’Oriente … sembra che l’Europa abbia periodicamente bisogno di contatti reali con l’Oriente, per restare spiritualmente viva. E’ esatto che c’è in Europa qualcosa che si oppone allo spirito orientale, qualcosa di specificamente occidentale. Ma questo qualcosa si trova allo stato puro e alla seconda potenza in America e minaccia di divorarci … un’americanizzazione dell’Europa preparerebbe senza dubbio un’americanizzazione del globo terrestre”.

L’articolo di Del Noce terminava con una considerazione critica sulle “due linee opposte tenute dall’Occidente rispetto alla Russia”: la prima “l’idea del primato dell’Occidente, che in America avrebbe trovato il suo culmine nel senso della piena opposizione ai caratteri dell’Oriente”, la seconda “l’idea delle distensione cercata attraverso l’occidentalizzazione della Russia, formula che culturalmente si esprimeva nella continuità illuministica tra liberalismo e comunismo; l’illuminismo avendo rappresentato la teorizzazione dell’inizio della frattura fra Oriente e Occidente”.

Ora queste considerazione di Del Noce – svolte quasi 45 anni fa’ – delineano il senso complessivo della critica che oggi si abbatte sulla Russia di Putin e che appunto si basa sulla “rottura“ tra Oriente e Occidente, che assimila l’Ortodossia al dispotismo e che intenderebbe equiparare democrazia e occidentalismo, con il vero obbiettivo che non è la difesa dell’Ucraina, ma l’intenzione, per interessi politici globali, di far cadere un Presidente che gode del pieno appoggio popolare.

Un cambio di regime, cioè, che, secondo l’intellighenzia obamiana, dovrebbe porre fine all’esperimento di democrazia sovrana e identitaria, che ha messo solide radici in Russia, che quindi va isolata e a cui va impedito, in tutti i modi, di cercare le vie di un collegamento e di una integrazione economica con l’Europa occidentale, a motivo anche della possibile influenza verso un ritorno a società e sistemi legislativi rispettosi del diritto naturale. Non a caso la critica occidentalista alla Russia di Putin si indirizza sulle restrizioni all’intervento dell’oligarchia finanziaria in politica, sulla sovranità della classe politica e, soprattutto, sulla mancata attuazione dei nuovi diritti civili, come quello della propaganda del modello familiare gay, della sua equiparazione e della mancata concessione delle adozioni ai Paesi che ne riconoscono il diritto .

Sull’intensificazione dei rapporti tra Chiesa e Stato nella Russia d’oggi ed in particolare sulla “sintonia” tra Putin ed il Patriarca di Mosca, sulle politiche demografiche, sui diritti e sugli interessi delle famiglie, sulla maternità e sull’infanzia e sul quadro geopolitico complessivo, rimando a quanto ha scritto un bravo ricercatore dell’ISAG (Istituto di Alti Studi di Geopolitica), componente del Consiglio Direttivo della Fraternitas Aurigarum, il dottor Filippo Romeo, che ha recentemente curato uno studio che evidenzia l’interesse di Putin per il naturale partenariato con l’Europa incrinato adesso dalla vicenda ucraina .

E veniamo al libro di don Ennio.

Il valore assolutamente originale di questa opera è quello di far emergere, sul piano della teologia e della visone mistica di suor Lucia di Fatima, la profezia di una conversione della Russia , che avrebbe fatto seguito a quella consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, più volte richiesta alla massima autorità cattolica.

Il libro descrive con accuratezza l’insistenza – suggerita dalla Vergine – di suor Lucia per una consacrazione dei popoli della Russia, che avrebbe dovuto avvenire con la partecipazione di tutti i Vescovi, elemento fondamentale per l’efficacia della stessa conversione.

Cosa significa per don Ennio questa “consacrazione” ? La Vergine, precisa don Ennio nel capitolo V, che riporta il testo di una esortazione del dicembre 1989, è stata “sempre stimata [come] il modello della vera devozione cristiana”, la consacrazione consentirà “ai popoli della Russia [di] dar loro una voce, una voce religiosa, autenticamente cristiana, garantita dal Cielo e non dagli uomini!, per confortarli nella fedeltà e nello slancio devoto e così salvati, sicché diventino strumenti di salvezza anche per gli altri popoli”.

Nel successivo capitolo, redatto a cura di Marco Sambruna, vi è una interessante cronologia della mancata o troppo parziale consacrazione della Russia .

Vengono riferiti i comportamenti dei diversi Pontefici in relazione alla questione: quelli di Pio XII andati nella “direzione giusta”; Giovanni XXIII rimasto silente; Paolo VI, che preferisce la diplomazia; la consacrazione del marzo 1984 in Piazza San Pietro di Papa Giovanni Paolo II con esitazioni, forse indotte da aspetti di convenienza politica, registrate nei comportamenti di alcuni Segretari di Stato. Ci si domanda quindi se tale Consacrazione sia compiutamente avvenuta, e se da essa abbia avuto origine la fine del regime comunista.

Il libro di don Ennio – che definisce “scandaloso ritardo [quello] con il quale la Chiesa ha mostrato di accogliere il pressante invito del Cielo” pone, in sintesi, una questione: “o la consacrazione di Giovanni Paolo II del 1984 era conforme ai desideri di Maria, come dimostra anche la coincidenza delle date fra eventi e festività mariane, oppure non lo era, è stata fatta troppo tardi e quindi l’impero comunista si è dissolto per morte naturale”.

Per seguire don Ennio nel suo ragionamento, mi permetterò di aggiungere un’altra ipotesi.

Pio XII il 7 ottobre del 1952, giorno della festa dei santi Cirillo e Metodio, che hanno evangelizzato i popoli slavi e, quindi, come ricorda don Ennio, “una data particolarmente significativa per la spiritualità Russa”, pubblica la lettera apostolica ”Sacro vergente anno” , nella quale è detto in maniera chiara dal Papa: “Così come pochi anni or sono abbiamo consacrato tutto il genere umano all’immacolato Cuore della Vergine Madre di Dio , così ora, in modo speciale, dedichiamo e consacriamo tutti i popoli della Russia al medesimo Cuore Immacolato, nella sicura fiducia che, con il poderoso patrocinio della Vergine Maria, si vengano a realizzare nel più breve tempo possibile, i voti che Noi, come tutte le anime buone, facciamo per la vera pace, per la fraterna concordia e per la libertà dovuta a tutti e in primo luogo per la Chiesa”. Parole chiare, tuttavia senza la “presenza di tutti i vescovi”, come invece aveva richiesto la Vergine attraverso suor Lucia.

Ora il Papa pronuncia queste parole esattamente tre mesi prima della nascita di Putin . E’ assai probabile che questa lettera apostolica, dedicata agli evangelizzatori dei popoli slavi, sia stata, clandestinamente, portata a conoscenza dei fedeli cristiani della Russia, particolarmente a quelli di San Pietroburgo; è possibile, quindi, che la madre del futuro premier russo, quando lo fece battezzare, scelse il nome di Vladimir, la cui conversione è particolarmente significativa per i Russi, in piena sintonia con l’appello di Papa Pacelli.

Vorrei che fosse chiaro il senso di quanto affermo. La diffusa religiosità in senso tradizionale, che rimase preservata nella Russia comunista, nonostante il regime, come anche sostiene il saggio di Del Noce, e che ispirò la scelta della madre di Putin, anche sotto la possibile influenza della parole di Pio XII, determinò un abito culturale e di valori che indirizzò le scelte di colui che ebbe, dopo la fine del comunismo, la massima responsabilità del governo di Mosca. La fine del regime comunista trovò una guida che si è espressa nel solco della tradizione cristiana della Russia .

Del resto in tutta la Russia è noto che proprio con la conversione del principe Vladimir nel 988, venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa russa, come spiega l’Enciclopedia Cattolica, “il popolo russo usci dall’indeterminatezza opaca ed anonima delle tribù primitive”.

Forse sono solo congetture, ma significative sono anche le parole di Putin, pronunciate nel giorno del Natale ortodosso del 2012, nella cattedrale di san Pietroburgo, con le quali affermò, tra lo stupore e il disappunto di tanti “nemici”, che “proprio in questa Cattedrale sono stato battezzato da mia madre segretamente, temendo la disapprovazione di mio padre, membro del partito comunista che aveva promosso l’ateismo come ideologia ufficiale dello Stato”.

Putin ha fatto compiere un passo ulteriore al percorso della “conversione della Russia” anche rispetto a Gorbaciov che, comunque , aveva avviato la strada della “casa comune europea” . Questi, infatti – come osserva don Ennio – pur parlando di “pietà, di misericordia, di solidarietà, di libertà e di spiritualità, si è definito pubblicamente ateo non praticante“. “Ma ora – aggiunge – c’è Putin al vertice, voluto dalla grande maggioranza del popolo russo, e Putin fa aperta professione di fede cristiana. Chi tarda ad aprire la porta della Casa Comune?“. Le vicende ucraine sono la più evidente risposta.

Tra l’altro, e a quest’ultimo proposito, non va dimenticato che Putin nel suo viaggio a Kiev alla fine di luglio del 2013, nella cerimonia svoltasi nel monastero delle grotte di Kiev, uno dei luoghi più santi dell’ortodossia, ricordando la conversione del principe Vladimir, avvenuta nel 988, spiegò che “russi e ucraini sono gli eredi di quel che è avvenuto a Kiev 1025 anni fa” e che questo in un certo senso fa di loro “un solo popolo”.

Per ritornare al significato di quella richiesta della Vergine espressa attraverso suor Lucia ed alle analisi storiche e culturali di Del Noce, non possiamo che ritenere come “la conversione” della Russia non significava che il popolo russo dovesse essere convertito perché, esso, nel profondo, pur vivendo in uno Stato che praticava l’ateismo, aveva mantenuto la sua fede; aveva solo bisogno di essere liberato, doveva essergli tolta la cappa ideologica del comunismo e del suo regime oppressivo, per tornare ad esprimere la sua funzione storica confacente alla sua identità.

Lo scrive don Ennio nel libro al capitolo XIII sulla “casa comune”: “La rivoluzione comunista non è riuscita ad eliminare il cristianesimo in Russia: dopo cinquanta anni di ateismo di Stato, la Chiesa “Ortodossa” Russa si è presentata al consiglio mondiale delle chiese con un numero di fedeli pari a quello preesistente la rivoluzione del 1917”.

In fondo e a ben vedere la conversione dei popoli slavi è stata in Europa quella più significativa nella storia del cristianesimo, perché penetrò in aree lontane e difficili per la presenza di un paganesimo animista; riuscì a ricreare una unità pur sotto il profilo della diversità delle Chiese, tanto è vero che il più importante sviluppo verso l’ecumenismo, portato avanti dagli ultimi Pontefici romani, si dimostra essere quello verso l’Ortodossia piuttosto che verso l’Anglicanesimo, troppo distante dal Cattolicesimo .

A proposito della conversione, in un capitolo del libro, scritto nell’agosto dello scorso anno, leggendo alcuni fatti, si tenta di rispondere alla domanda se essa sia avvenuta o meno .

E si indicano alcuni fatti che non ci dispiace riferire:

  • l’incontro con Papa Francesco del novembre 2013 al quale il premier russo ha donato “una preziosa icona russa raffigurante la Madonna di Vladimir” baciata da entrambi alla maniera ortodossa;
  • il discorso di Putin nel settembre dello stesso anno al Valdai International Club, nel quale ha avuto affermazioni addirittura clamorose come “i Paesi euroatlantici stanno ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale;essi rinnegano i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partner dello steso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana”;
  • la veemenza con la quale i media del sistema occidentale si scagliano contro Putin sia nelle vicende geopolitiche, sia tentando di farlo passare come un oscurantista intollerante, ad esempio nella penosa vicenda delle pussy riot .

Un’ ultima considerazione a proposito di come oggi la Russia di Putin si ponga nei riguardi di Papa Francesco e della Chiesa di Roma. Anche questo ci aiuta a capire come profondamente sia cambiata la Russia di Putin rispetto al regime che lo aveva preceduto.

Ci aiuta in questo qualche pagina di un interessante libro su Papa Francesco scritto recentemente da Massimo Franco: “Il Vaticano secondo Francesco” Modadori, Milano 2014.

In esso vengono descritte alcune positività emerse negli incontri tra il Cardinale Scola e il Patriarca Kirill, nei quali il Patriarca aveva avvertito che in Russia il pericolo non era più l’ateismo di Stato del comunismo, ma “un male più sottile: l’indifferenza al tema religioso diffusa dall’azione dei media e delle tendenze culturali imperanti”. Emergeva anche la posizione di Putin a favore della “famiglia normale”, dei “valori normali” e della repressione nei confronti di qualunque “deviazione sessuale” .

Nella visita del Presidente russo al Papa il 25 novembre 2013, scrive Franco, “i rapporti sono apparsi amichevoli dopo anni di gelo”, mentre nel comunicato finale affiorava un accenno alle questioni dei principi “la dove si diceva che fra i temi di interesse comune c’erano la difesa e la promozione dei valori riguardanti la dignità della persona, e la tutela della vita umana e della famiglia”.

Sempre Franco sottolineava, in un articolo del 4 dicembre 2014, che “la Russia di oggi è percepita dal Vaticano come una delle pochissime nazioni in grado di arginare militarmente il fondamentalismo islamico in Siria “.

Non vorrei essere andato fuori tema, ma mi sembrava opportuno fornire elementi che chiariscono alcuni aspetti della polemica e dello scontra tra alcuni Paesi occidentali (e alcuni dei loro potenti media) e la Russia di Putin, che costituisce uno dei più rilevanti problemi di oggi.

Debbo ringraziare don Ennio per questo suo libro, che proprio su tale questione reca un suo fondamentale contributo alla verità storica e di fede.

Fonte: Sacra Fraternitas Aurigarum

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