dramma epico – calcistico.
ATTO III
Una settimana dopo l’episodio del tradimento Montecristo era in casa che stava facendo meditazione zen quando un breve ronzio gli annunziò l’arrivo di un sms. Come sempre in questi casi avrebbe dovuto accogliere con calma e quieta indifferenza tipicamente buddistica il cicalino sonoro, ma al solito la curiosità o meglio l’ansia di conoscere il contenuto del messaggio fu più forte del desiderio di fingersi disinteressato a ciò che accadeva fuori dalla sua sfera di consapevolezza, per cui, incazzandosi un poco con se stesso di una rabbia sorda travestita da neutrale impassibilità facciale, si avvicinò al cellulare per leggere il messaggio:
Le comunichiamo che Lei non è stato convocato per la tournèe invernale in U.S.A.
La invitiamo pertanto a completare il suo programma finalizzato al pieno recupero fisico con la Primavera al Centro sportivo “Foulard Airlines” di Arialdo agli ordini dell’allenatore delle giovanili Osvaldo Ascot.
Cordialli saluti e buone feste stagionali.
F.C. Ambrosiana Milano.
Jorge dovette rileggere il messaggio tre o quattro volte col pensiero azzerato come di solito dovrebbe accadere con una vera meditazione zen ben riuscita. Quel piccolo, ignobile e stronzo messaggio tramite cellulare era riuscito laddove parecchie settimane di addestramento mentale buddista avevano fallito: ridurre a zero la sua emotività.
Montecristo fece uno sforzo per mantenere la calma. Oltretutto era infastidito dall’augurio di “buone feste stagionali” che per lui, fervente credente, erano più insipide di un piatto vegetariano preparato con ortaggi surgelati e dall’errore di ortografia con quello stupido “cordialli” anziché “cordiali” che denotava scarsa cura e superficiale noncuranza nei suoi confronti.
Ma soprattutto era psicologicamente destabilizzato da quell’accenno al “pieno recupero fisico” dal momento che lui non era infortunato e dunque non aveva proprio nulla da recuperare.
Cercò di decontrarre i muscoli addominali e si recò in bagno per lavarsi la faccia con acqua calda gettandosela a manate sugli occhi concentrando l’attenzione, come insegnava la tradizione meditativa zen, sulla sensazione che gli procurava l’acqua calda in faccia, il suo fruscìo, il suo gorgogliare felice verso il buco del lavandino come fosse ansiosa di tornare mediante le condutture e poi le fogne nell’oceano libero e ivi sciogliersi e magari finire trascinata dalla corrente verso qualche mare tropicale dove occhieggiava nel tardo pomeriggio estivo la palla infuocata del Sole come un enorme arancia rossa da spremuta attraversata da sottili nubi quasi a ricordare un panorama alieno di un pianeta sconosciuto…
E nuovamente Montecristo si incazzò con se stesso: quante volte, quante innumerevoli volte aveva letto sui manuali di meditazione zen che non bisogna assolutamente seguire il corso dei pensieri, ma invece restare ben concentrati sul qui e ora su quello che accadeva nel preciso momento in cui accadeva e quindi, in questo caso, sullo scorrere dell’acqua sulla sua faccia adirata, sul rumore che produceva nel lavandino, sullo sfregare delle sue mani delicate sulla pelle del suo viso ossuto il tutto mantenendo la bocca chiusa e la lingua ben aderente al palato?
E lui invece, una volta di più, una fottutissima ulteriore volta, aveva mollato il benefico qui e ora per seguire il corso avventuroso dei suoi pensieri.
Si asciugò la faccia con l’asciugamano in microfibra cercando di focalizzare l’attenzione sulla morbidezza del tessuto a contatto con la sua faccia. Poi, recuperata la tranquillità e fatta evaporare l’ondata di rabbia per l’ennesimo sgarbo subito si avvicino alla scarpiera per prelevarne un paio di scarpe da running. Aveva infatti pensato che una buona corsetta nel parchetto dietro casa gli avrebbe fatto bene. Si inginocchiò sulle infradito di marca che indossava con tutto il corpo atletico ben saldo sulle dita dei piedi e aprì il vano più basso dei cinque della scarpiera per una altezza totale di circa un metro e ottanta. Subito dopo la catastrofe: dalla scarpiera caddero alcuni barattoli di deodorante, un profumatore automatico di quelli che ogni tot emettono una vaporizzazione spray profumata con un vago rumore di sospiro agonizzante e un contenitore di plastica del cazzo che conteneva una spugna, alcune pile per il suddetto profumatore automatico e un umidificatore in coccio. Un barattolo di deodorante colpì Montecristo inginocchiato proprio sulla sommità del cranio procurandogli un acuto e prolungato dolore.
E qui Montecristo perse completamente il lume della ragione e della pacifica benevolenza che un praticante della meditazione zen come lui avrebbe dovuto invece mantenere: mentre il barattolame e il plasticume insieme con i moduli superiori della scarpiera rovinavano sul pavimento del bagno in un caos babelico di rumori rotolanti e schantanti. Lui si rialzò infojato come un gatto bagnato e prese a pedate i barattoli facendoli schizzare contro le pareti e i sanitari. Poi se la prese con la scarpiera che distrusse prendendola a pugni e a calci provocando così il collasso dei vari vani che così urtati e sbatacchiati vomitarono fuori il loro contenuto ossia le scarpe che andarono anch’esse a cadere col tonfo caratteristico del materiale morbido sul pavimento.
Passata questa furia parossistica in cui aveva distrutto la scarpiera, Montecristo guardò incredulo la devastazione che aveva provocato: il bagno sembrava un campo di battaglia con il profumatore automatico che si era aperto in due, i barattoli spray a terra mezzi ammaccati, le scarpe disordinatamente disseminate sul pavimento. Ma la cosa più triste erano i sanitari che avevano assistito muti allo scempio e ora, come dotati di una profonda saggezza da oggetto umile, sembravano osservare con compassione Montecristo ormai scarico dopo avere dato sfogo alla sua rabbia. Era deluso per due motivi: primo perché aveva dimostrato a se stesso che tutta la sua calma olimpica da meditante era crollata come un castello di carta alla prima contrarietà a testimonianza del fatto che lui non era diventato una persona migliore, non era avanzato di un centimetro sulla via dell’ascesi spirituale e non si era emancipato di un grammo dalle pesantezze del mondo materiale che ancorava l’anima alla miserabile condizione di mortale; in secondo luogo, naturalmente, non poteva più accampare scuse con se stesso perché era ovvio ormai che l’Ambrosiana per qualche oscuro e insulso motivo dopo la vicenda del tradimento lo stava mobbizzando col pretesto delle sue cattive condizioni fisiche fingendo di avere a cuore il suo “pieno recupero fisico” come recitava l’odioso sms.
Cercò di mettersi in contatto con l’allenatore Vanadiumovic, ma con costui riuscì solo ad avere una gracchiante e disturbata conversazione telefonica in cui il mister gli diede a intendere che per “recupero fisico” si doveva intendere un certo “affaticamento fisico” certificato dai test cronometrati.
-Javier non prendertela, è stata una decisione del preparatore atletico quando ha visto i risultati dei tuoi test cardiaci e polmonari. Comunque stai tranquy che alla ripresa del campionato col Genoa giochi…-
Quando Montecristo domandò il motivo per cui non era stato avvisato direttamente dal mister verbalmente al cellulare il rumore da radio non sintonizzato divenne più intenso, poi un paio di parole interrotte, un rumore di raschiamento, una specie di sibilo prolungato e la linea cadde. Reiterati tentativi di richiamo fallirono. Chiese allora un colloquio chiarificatore con la dirigenza, ma monsieur Borieaux era già partito per la Francia per le vacanze natalizie – o meglio per le “feste stagionali” –, il D.S. Raffaello Specchiante era già in viaggio per la Cappadocia e altri dirigenti minori irreperibili. Restava solo la signorina Akagawa con cui ebbe un colloquio in meeting room presente l’allenatore Vanadiumovic. La geisha aveva una aria soddisfatta da donna manager che detiene finalmente lo scettro del comando, ora che monsieur Borieaux era in vacanza. Sembrava una gatta che aveva appena divorato un canarino.
-I suoi test fisici sono scadenti, signor Montecristo. Tutto qui.- disse l’asiatica col suo accento francese arrotando la erre.
-Li ho qui davanti a me. Ecco. Legga, legga.- e dopo aver aperta una cartelletta medica con qualche foglio saturo di dati la spinse verso Javier. Lo fece tuttavia con una specie di gloriosa e radiante soddisfazione accompagnando la frase con un gesto della mano a dimostrare l’eloquenza di ciò che i fogli dimostravano. O come se i dati delle performances scadenti fossero un reato commesso volontariamente. Javer lesse. I dati effettivamente parlavano di una condizione fisica precaria: battito cardiaco sotto sforzo, test polmonari, velocità basica, minuti al chilometri, velocità media oraria sul chilometro, etc.
-Non capisco.- disse Javier, ho sempre completato le tabelle di allenamento, sono sempre stato fra i primi nei test di corsa…-
-I dati parlano chiaro, signor Montecristo.- disse ancora odiosamente la Akagawa. – le cifre non mentono.-
E poi l’ultima frase stronza, quella che denotava la volontà di annientare l’avversario con uno sberleffo finale acido e cattivo:
-Smetta di fumare signor Montecristo. Allora le sue performances fisiche potrebbero migliorare.-
E così mentre in pieno dicembre la prima squadra era in tournèe al caldo sole della Florida, Montecristo si allenava malinconicamente coi ragazzi della primavera e col compagno Achille Mulas realmente in fase di recupero dopo un infortunio. Quest’ultimo poi chiese e ottenne una settimana di congedo per recarsi nella natìa Sardegna e Javier Montecristo rimase solo come un cane a Milano a recuperare un infortunio inesistente.
(segue)

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Categorie:L'uomo in meno
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